AL PRIMO SGUARDO

 



Ho narrato una storia d’amore vera, trasfigurandola, mediante la fantasia, affinché il cortocircuito tra il sogno e la realtà esaltasse il fascino del primo e l’autenticità della seconda. La sceneggiatura racconta, dunque, la vicenda, ambientata a New York ed a Parigi, tra uno chef, Matthew Rose e Isabelle Wilcox, la proprietaria del God save the boots (si tratta d’una boutique che vende scarpe e, specialmente, stivali, firmati, di marche prestigiose), concepita come un musical d’ambientazione attuale. che omaggia, però, i film musical classici e le commedie brillanti, prodotte tra l’inizio degli anni Trenta e la metà degli anni Sessanta. All’inizio della sceneggiatura, Isabelle sta ritornando, una settimana prima di Natale, a Parigi da New York, insieme al fidanzato, Raphael, con il quale, a breve, vorrebbe sposarsi. Nel mentre che è alla caffetteria dell’aeroporto JFK, lei si scontra, in un attimo di fatalità, con Matthew. Lei e luinon potrebbero essere più diversi. Isabelle, trentaquattro anni, un fidanzato storico che sta, come sappiamo, per sposare, precisa, ordinata, vive secondo un piano di stabilità e, soprattutto, con una passione per gli stivali dai tacchi alti. Lei ha, perciò, sempre la mente occupata dagli impegni professionali ed è pronta a rivoluzionare la sua vita. Matthew, cinquant’anni, una fidanzata storica, disorganizzato, creativo, amante della cucina e, soprattutto in procinto di chiedere a Marta, appunto la sua fidanzata, di sposarlo, anche se non ne è convinto. Lui segue il flusso della sua vita più come spettatore che come protagonista. I due si scambiano, accidentalmente, i telefonini, e di ciò si accorgono soltanto una volta arrivati. L’inconveniente è preso assai male da entrambi che reagiscono punzecchiandosi l’uno con l’altra, giungendo, infine, alla conclusione di restituirsi reciprocamente i cellulari al più presto. Abbiamo, perciò, immediatamente, un idea dei loro caratteri, Isabelle precisa che non sopporta gli imprevisti, e Matthew che le risponde per le rime, è pronto a non farsi mettere i piedi in testa. Sì, tra Isabelle e Matthew non c’è sicuramente un colpo di fulmine, a prima vista. Lei lo considera come uno “sfigato” ed un “combinaguai”, antipatico e scontroso. Lui la vede come un’indisponente, splendida, ma anche arrogante, snob. Arrivati nella capitale francese, le loro vite sembrano destinate a non incontrarsi più, però nessuno dei due ha fatto i conti con il destino. Però, la curiosità non è soltanto “donna”, è anche “uomo”. In un mondo come quello di oggi, perdere il proprio “smartphone” può diventare una divertente “tragedia”, visto che al loro interno c’è, salvata, una gran parte delle nostre vite. Infatti, i due scoprono l’uno la vita dell’altro. Attratto dalla personalità forte fuori e fragile dentro di Isabelle, Matthew diventa sempre più affascinato da lei, dalla luce che è in lei. Il loro sembrerebbe, dunque, un incontro di quelli che si leggono nei romanzi e se vi chiedete se, invece, possa succedere anche nella vita reale la risposta è sì. Questa sceneggiatura ha, perciò, due protagonisti che, all’inizio, si scontrano ed un amore che nasce, dunque, piano, piano. Vuole essere insieme un’intrigante commedia ed un romantico e coinvolgente musical. Con un ambizione ed un desiderio: che risulti sempre piacevolissima, né noiosa, né pesante e che non lo diventi per ognuna delle sue pagine. Ed è questo il punto. Ho voluto che fosse scorrevole e, però, che, allo stesso tempo, approfondisca sempre le emozioni e le sensazioni dei protagonisti. Un’ulteriore nota è data, poi, dai personaggi, da quelli che, sullo sfondo dell’affascinante e romantica Parigi, ruotano intorno alla coppia. Su tutti, Marta, la fidanzata di Matthew, nevrotica (e che spende e spande comprando un enorme orso in peluche, facendolo pagare da lui), perfettina ed ossessionata dall’idea di organizzare il loro matrimonio; Marcus, l’eccentrico amico e coinquilino di Matthew; Takumi, il commesso giapponese che spesso battibecca con Isabelle però è contento di lavorare con lei nella sua boutique e Lady Jacqueline, la famosa stilista ed icona di stile. E straordinaria, come ho accennato, è l’importanza capitale del Destino e del suo influsso, al punto da essere la “password” che decodifica l’universo romantico nella sceneggiatura: per cui, se Isabelle e Matthew non si scambiassero accidentalmente i telefoni all’aeroporto continuerebbero a vivere nelle esistenze grigie come fantasmi. Così come, a suo modo, uno dei protagonisti della sceneggiatura è proprio la Parigi in cui è la sceneggiatura è ambientata. Mi sono concentrato sugli elementi distintivi della città, quali la poesia e l’essere popolata di sogni apparentemente irrealizzabili. Tentando di catturare la sensazione per cui colui che giunge a Parigi si senta come in un sogno, esca fuori da ciò che chiamiamo “realtà”. Ispirandomi allo stile delle pellicole di Jacques Demy, quali “Les parapluies de Cherbourg” e “Les demoiselles de Rochefort”. Io sono, inoltre, uno di quelli che il Cinema lo hanno sempre vissuto con entusiasmo e con passione. Da bambino e da ragazzo vedevo anche tre spettacoli, uno dopo l'altro, cominciando nel primo pomeriggio, nelle sale del quartiere di Marassi in cui sono nato, vissuto ed in cui vivo ancora oggi. La mia passione cinematografica è, appunto, il cinema classico, soprattutto quello in bianco e nero o in technicolor. Infatti, fin dall’inizio, sono le citazioni dei cult movies classici ad essere i fili d’oro che ho voluto far risaltare nella trama, procedendo sul sentiero tracciato da Peter Bogdanovich, con “Ma papà ti manda sola?”. E, avrei l’ambizione che questa mia sceneggiatura rinverdisse quell’idea di creare un musical cinematografico italiano che stava alla base di “Aiutami a sognare” diretto Pupi Avati. La mia idea di cinema si ispira (applicandola ai generi che mi affascinano) a quella di quei grandi registi italiani, primariamente Sergio Leone, che hanno unito la passione per i classici americani con la magnifica cinematografia italiana. Credo, dunque, che il musical rappresenti una frontiera ampiamente inesplorata per la cinematografia italiana. Sono sicuro, altresì, che gli spettatori italiani che affollano i teatri di tutta la penisola per applaudire i musical (od i milioni di spettatori che ammirano una fiction - musical come “Tutti pazzi per amore” ed un programma televisivo come “Ballando con le stelle”, in cui attori ed attrici, danzatori e danzatrici si cimentano in performance sullo stile, proprio, del musical) e le commedie brillanti affollerebbero anche le sale cinematografiche (come, anche, le hanno affollate nel caso del musical di successo internazionale “La la land”) se venisse loro proposto una pellicola ispirata agli spettacoli che amano. Soprattutto, voglio regalare una storia a tutti quelli che, come me, s’innamorano di una storia. Perché chi va al cinema è speciale. Perché chi vede un film sogna. Perché chi vede un film trasforma gli ostacoli in sorrisi. E, chi vede un film, soprattutto, ama. Nella sceneggiatura credo possiate cogliere riferimenti a “Accadde una notte” diretto da Frank Capra, “Angelo” e “Scrivimi fermo posta” diretti da Ernst Lubitsch, “Voglio danzare con te” diretto da Mark Sandrich, “Susanna” diretto da Howard Hawks, “Balla con me” diretto da Norman Taurog, “La signora di mezzanotte” diretto da Mitchell Leisen, “Lady Eva” diretto da Preston Sturges, “Bellezze al bagno” diretto da George Sidney, “Un americano a Parigi” e “Spettacolo di varietà” diretti da Vincente Minnelli, “Sabrina” diretto da Billy Wilder, “Cantando sotto la pioggia” e “Cenerentola a Parigi” diretti da Stanley Donen. Però, scrivere una sceneggiatura non è una cosa semplice. Far sorridere, far sognare è una vera impresa. Perché, il rischio di ripetere, in modo sterile, parole o situazioni già viste è sempre dietro l’angolo. Ed è per questo, prima di tutto, che “Al primo sguardo” è una commedia, è un musical, in cui c’è un costante contrappunto tra, da una parte, personaggi e momenti che appartengono, alla commedia “screwball” americana; canzoni che spaziano da Cole Porter, a Irving Berlin e a George Gershwin; scene danzate che sono ispirate a quelle classiche firmate proprio da Busby Berkeley e, dall’altra, dettagli e particolari che caratterizzano le vicende narrate oggi sugli schermi.  





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